Druk Yul, così la maggioranza buddista chiama il proprio paese, che tradotto significa “Regno del Drago Tonante”. Questa nazione è il Bhutan, un piccolo paese a sud del Tibet capace di offrire al visitatore la rara opportunità di un salto nel tempo oltre che nello spazio, l’unico paese immacolato nella spesso turbolenta Asia centrale.
Con i suoi contrasti tra tradizione e modernità, il Bhutan rappresenta un mondo ancora incontaminato, un paese bellissimo che ispira un senso di pace e tranquillità. L’impatto del turismo è tenuto sotto rigido controllo e l’ospitalità della gente, molto solare e originale nei suoi abiti tradizionali, riflette la serenità della filosofia buddista. Il paesaggio è decisamente selvaggio, l’arte è particolarmente affascinante, l’architettura ha qualcosa di magico, i monaci con i loro abiti rossi e gialli danno un tocco di colore all’insieme e un aspetto molto suggestivo. La bandiera ha i colori giallo
e rosso arancio che rappresentano la dignità reale della dinastia dei Wangchuk e la religiosità dei monaci buddisti, ovvero il potere temporale e quello spirituale. Il drago bianco è simbolo di purezza, fra gli artigli i quattro gioielli, simboli di ricchezza
Sulle cime delle colline centinaia di bandiere di preghiera fissate su alti pali disperdono al vento il loro antico mantra, imponenti e bianchi dzong, i monasteri fortezza, simili a castelli medievali sono appollaiati su alti precipizi avvolti dalla nebbia, dove sacre vette mai conquistate si innalzano su fiumi e foreste incontaminati. La gente, semplice ed ospitale, indossa per legge gli abiti tradizionali: gli uomini portano il goh, una specie di vestaglia corta, e le donne il kira, tre pezzi in cotone o seta, con una fascia a colori vivaci in vita. La profonda fede buddista impregna ogni aspetto della vita del paese, ne modella i valori ed è alla base delle sue istituzioni.
Ma il Bhutan non è solo spiritualità, è una terra ricca di ecosistemi, schiacciato tra due superpotenze come Cina e India è sempre riuscito a mantenere la propria sovranità, esempio più unico che raro fra i paesi asiatici, evitando di essere colonizzato dalle potenze occidentali, o inglobato dai potenti vicini come è accaduto a Tibet, Ladakh e Sikkim, o devastato dall’impatto con la civiltà occidentale come accaduto al Nepal. Il 26% del paese, una delle percentuali più alte al mondo, è riserva o parco
naturale, con paesaggi di montagna segnati da profonde valli e da alti passi, da cui si gode lo spettacolo delle cime himalayane che superano i 7000 metri.
Protetto dalle catene himalayane, il Bhutan è riuscito a non essere influenzato dalla politica mondiale, che ha caratterizzato le agitazioni delle nazioni vicine, ma dall’altra parte questo isolamento ne ha
caratterizzato bruscamente il progresso economico, basti pensare che fino agli anni ’50 esisteva ancora il feudalesimo, abolito poi dal re assieme alla servitù della gleba.
La saggia politica della famiglia reale sta traghettando il paese verso la modernità, che avanza senza alterare tradizioni e filosofia religiosa. Il Bhutan è rimasto chiuso al mondo esterno in una sorta di
autoisolamento fino al 1974 separato dal mondo per caratteristiche geografiche e per scelte politiche. Fino agli anni ’60 il Bhutan non aveva strade, elettricità, veicoli a motore, telefoni o servizio postale e pativa uno dei più alti tassi di povertà, analfabetismo e mortalità infantile al mondo, il
risultato di una politica di totale isolamento dal resto del mondo. L’attuale re, Jigme Singye Wangchuck, sta attuando una politica di conservazione delle tradizioni e del territorio, proseguendo con una cauta apertura e modernizzazione iniziata dal padre, costruendo strade scuole e ambulatori: solo nel 1999 è stata introdotta la televisione e inaugurato il primo collegamento ad internet. Oggi il 28% delle famiglie dispone di un televisore, l’11% di un telefono cellulare, e il 3% di un computer, i cittadini bhutanesi stanno entrando in contatto tra loro e con il resto del mondo.
Guidato dai quattro pilastri della Felicita Interna Lorda (sviluppo sostenibile, tutela ambientale, salvaguardia delle tradizioni culturali e buon governo) il Bhutan si è tirato fuori dall’estrema miseria in cui versava senza sfruttare le proprie risorse naturali, a parte l’energia elettrica che venduta all’India, costituisce la principale fonte di capitale straniero. L’analfabetismo e la mortalità infantile sono drasticamente diminuite e l’economia è in forte espansione.
Il passaggio alla democrazia è davvero vicino, non è mai successo che un monarca tanto amato abbia volontariamente abdicato al trono per consegnare il potere al suo popolo. Ma nel 2006 il re Jigme Singye Wangchuck ha fatto esattamente questo. La vera prova per la Felicità Interna Lorda comincia solo adesso, i nuovi leader civili del Bhutan dovranno affrontare un gran numero di sfide, non ultima quella di un popolo ancora innamorato dei suoi re e scettico nei confronti della democrazia.
Nonostante la sua dipendenza il Bhutan è afflitto da un senso di vulnerabilità dovuto al fatto che rimane l’ultimo bastione del buddismo himalayano. Gli altri paesi buddisti tra cui il Ladakh (sgretolatosi nel 1842 e in seguito assorbito dall’India) il Tibet (invaso dalla Cina nel 1950) e il vicino Sikkim, non esistono più.
Nel 1975, una marea crescente di immigrati nepalesi votò la fine dell’indipendenza del regno del Sikkim, che fu annesso all’India. Temendo che il prossimo sarebbe stato il Bhutan, Wangchuck intervenne per difendere quanto di più prezioso possedeva il suo regno: la propria identità buddista.
“Siamo una piccola nazione, non abbiamo potere economico, non abbiamo forza militare, non possiamo avere un ruolo dominante sulla scena internazionale per le del dimensioni del nostro territorio e della nostra popolazione, e perché il nostro paese non ha sbocchi sul mare. L’unico fattore che può rendere più forti la sovranità del Bhutan e la nostra originale identità è l’unicità della nostra cultura.”
Ma ora è in arrivo il dono più inatteso della monarchia, il trasferimento del potere al popolo, e i bhutanesi faticano ad accettarlo. Molti hanno pianto quel giorno del dicembre 2006 quando il re Jigme Singye Wangchuck dopo 34 anni di regno ha abdicato in favore del figlio, aprendo la strada alle elezioni parlamentari. Il popolo bhutanese venera il re come un idealista che ha governato in modo esemplare, investendo in scuole e strade piuttosto che comprare palazzi e arricchirsi. “Abbiamo un
re buono e saggio, a cosa ci serve la democrazia?”
Paradossalmente la persona che più invoca la riforma della monarchia, è il re stesso. Cosa accadrebbe se il Bhutan finisse in mano ad un sovrano cattivo o incompetente? Il re l’ha avuta vinta, ma i primi passi verso la democrazia, sono stati incerti. Già solo schierare candidati credibili è stata una sfida, dovuta in parte all’irremovibilità del sovrano, sul fatto che i candidati alle cariche nazionali dovessero essere laureati, in un paese dove meno del due per cento della popolazione possiede una laurea.
Chiunque sarà il primo ministro del Bhutan, è probabile che la sua linea politica non si discosterà dai dettami della Felicità Interna Lorda.
Ancora oggi il numero dei turisti è fortemente limitato dall’alto costo di soggiorno: una quota fissa stabilita dal governo di circa 200 euro di tassa giornaliera, tengono lontane le orde di visitatori con zaino in spalla, che hanno invaso il vicino Nepal. Chi sceglie di visitare questo ultimo regno buddista, scopre un paese ancora intatto, ad economia agricola e pastorale, che sta cercando di proteggere la propria cultura, di conciliare bisogni materiali e spirituali, consapevole degli effetti disastrosi che può
avere uno sviluppo economico incontrollato, soprattutto in un paese rimasto così a lungo isolato.
Il Bhutan può diventare un esempio al dispetto del mondo moderno che ha buttato nel cestino, o sta
per farlo, tradizioni e culture che hanno fatto la storia di una nazione. Nell’era moderna, nell’era della globalizzazione, dove tutti e tutto viene unito, messo insieme, dove ogni identità nazionale viene distrutta e abbandonata, qui nel piccolo regno del Bhutan, usanze, tradizioni, cultura e religione sono messe al primo posto, non sono dimenticate.
Può una società mantenere la propria identità di fronte al potere omogeneizzante della globalizzazione? E’ possibile sposare gli aspetti positivi della modernità senza essere travolti da quelli
negativi? E si potrà mai trovare una felice equilibrio fra tradizione e sviluppo?
LA SCHEDA
PERCORSO: per visitare il Bhutan occidentale, cioè la regione di Thimpu, Paro e Punakha è sufficiente una settimana, mentre per spingersi verso la parte orientale serve almeno il doppio del tempo. Vi si può abbinare anche il Sikkim, un regno indipendente fino al 1975 e oggi parte dell’India, simile al Bhutan per l’ambiente himalayano e le antiche architetture monastiche buddiste. E’ obbligatorio affidarsi con un buon anticipo (soprattutto nei periodi degli Tsechu) ad un’agenzia locale, contattandola direttamente o tramite un tour operator oppure tramite il Tourism Authority of Bhutan. I viaggiatori indipendenti non sono ammessi.
INFRASTRUTTURE TURISTICHE: Tutte le città collegate da strade per automezzi hanno alberghi, anche se lo standard varia considerevolmente. Gli hotel con standard internazionali si trovano principalmente nelle zone turistiche o nelle principali città, mentre le sistemazioni a cinque stelle
sono disponibili solo a Paro, Jakar, Punakha e Thimphu.
COSTI: Le tariffe alberghiere indicate sono rilevanti solo per le persone che hanno la residenza, l’esenzione dal visto o che stanno visitando il Paese come ospite invitato. Per gli altri visitatori il prezzo per un soggiorno in Bhutan è fissato dalle autorità bhutanesi tra 200/250 dollari giornalieri e comprende pernottamenti, pasti, noleggio auto con autista, benzina e guida: la cifra può aumentare a seconda dei servizi richiesti e per gruppi piccoli e scendere in bassa stagione. Si può viaggiare in
Bhutan solo con tour autorizzati.
LINGUA: dzongkha, dialetto derivato dal tibetano antico, tsangla nell’est, nepali nel sud; parlato anche l’inglese.
FUSO ORARIO: +5 h (ora solare, dall’Italia)
MONETA: Ngultrum, parificato alla rupia indiana; $.1=Rp.45.6. In Bhutan si può utilizzare la rupia indiana, ma non viceversa. Sono accettati i dollari. Poco usate le carte di credito
COME ARRIVARE: in Bhutan si può entrare in volo solo con la compagnia di bandiera Druk Air via Calcutta, Delhi, Bangkok e Kathmandu su Paro, il solo aeroporto del paese, a 2 ore di strada da Thimphu, la capitale, oppure via terra attraverso il confine indiano a Phuentsholing. Il volo, soprattutto da KTM è panoramico e offre una splendida vista sulle maggiori cime dell’Himalaya.
TRASPORTI INTERNI: sono presenti alcuni voli interni operati da Druk Air e Bthutan Airways tra Paro e Trashigang nella parte orientale del paese e tra Paro e Jakar. Non sono presenti linee ferroviarie, ma una strada carrozzabile e asfaltata collega i luoghi di maggior interesse; si fanno passi sopra i 3000 metri, ma l’altitudine media è di 1500/2000 metri. A causa della strada stretta e a curve la velocità media è di km.40/h. I servizi di autobus locali e inter-distrettuali non sono così comodi e si fermano frequentemente. Il tour operator locale fornirà veicolo e autista per tutta la durata del soggiorno. Questo costo è incluso nella tariffa giornaliera. Tuttavia possono essere organizzati viaggi in autobus locali o inter-distretto o taxi.
CLIMA E PERIODO INDICATO PER IL VIAGGIO: La diversità d’altitudine del territorio comporta una notevole varietà climatica. La stagione migliore per visitare il paese va da metà ottobre a fine aprile.
Da fine maggio a ottobre il monsone porta abbondanti piogge. Chi sceglie l’autunno avrà l’opportunità di assistere a varie feste religiose del calendario buddista, mentre chi sceglie l’inverno troverà temperature rigide che scendono sotto lo zero ma godrà di una vista senza ostacoli sulla catena montuosa innevata dell’Himalaya che delimita il Bhutan a causa del cielo limpido con poca o nessuna pioggia.
CUCINA: la cucina bhutanese è piuttosto povera, ingredienti principali sono riso, patate, peperoncini piccanti, formaggio, pollame e yak. Diffusa è la cucina tibetana, con i momo, ottimi ravioli fritti o al vapore.
CURIOSITA’: Nel 2004 il Bhutan è stato il primo Paese al mondo a vietare completamente il fumo nei luoghi pubblici. I cittadini Bhutanesi possono fumare all’interno delle loro case. È stata proibita la vendita di tabacco, ma i cittadini possono importare una certa quantità annua di sigarette per uso personale. Questa legge si applica anche agli stranieri. Se scoperti a vendere tabacco i residenti dovranno pagare multe salate.
Autore – Mauro Libardoni